Forse non tutti sanno che l’industria della moda è la seconda più inquinante dopo l’industria petrolifera. Il forte impatto ambientale e sociale si verifica in tutte le fasi di vita del prodotto: dall’approvvigionamento delle materie prime, alla produzione, al consumo, fino allo smaltimento finale. La copertura mediatica che ha ricevuto questa tematica nel corso degli ultimi decenni ha fatto sì che le aziende acquisissero una sempre maggiore coscienza, favorendo la ricerca e l’innovazione. Ciò ha portato allo sviluppo e all’introduzione sul mercato di tessuti sostenibili realizzati con materiali ormai giunti a fine vita che, invece di essere smaltiti, vengono recuperati e rigenerati.

Tra questi tessuti innovativi troviamo ad esempio l’Orange Fiber, un tessuto di alta qualità composto da seta e acetato di agrumi, ottenuto dalla lavorazione del sottoprodotto dell’industria agrumicola. Anche dagli aminoacidi proteici derivati dalla caseina estratta dagli scarti del latte è possibile ricavare un filato pregiato, estremamente morbido e setoso, naturalmente antibatterico e termoregolatore. Invece, da una particolare proteina estratta dagli scarti di soia è possibile ricavare la Soybean Protein Fiber, una fibra tessile con cui si ottengono tessuti morbidi, permeabili all’aria e all’umidità. Dalla lavorazione dello zucchero degli scarti di mais è possibile ricavare un tessuto chiamato Corn Fiber, composto da acido poliattico, un polimero che produce tessuti resistenti all’umidità, al calore e traspirante. Altro tessuto riciclato è il NewLife, una fibra tessile sintetica creata con bottiglie di plastica riciclata. Un nylon ecologico che sfrutta risorse esistenti e abbondanti come la plastica, per ottenere una fibra ecologica, di alta qualità, e prodotta in modo sostenibile.

Una buona raccolta differenziata contribuisce a facilitare il recupero dei rifiuti e, quindi, a ridurre il loro smaltimento prolungando la loro vita.

L’ARTICOLO COMPLETO