Il 25 novembre in Italia e in tutto il mondo sarà il Black Friday ma, come accade già da qualche anno, dato l’enorme interesse mostrato dagli acquirenti, dai negozi e dai brand, il giorno dedicato agli acquisti viene esteso ad un arco temporale di sconti e offerte che dura una settimana.

La tradizione americana vuole che il Black Friday si festeggi il venerdì all’indomani del Giorno del Ringraziamento, ricorrenza che negli USA si celebra il quarto giovedì di novembre. La sua origine è fatta risalire al 1924, quando i grandi magazzini Macy’s, per dare inizio al periodo dello shopping natalizio, proposero sconti senza precedenti che richiamarono migliaia di persone. L’invenzione di Macy’s fu poi emulata da altri negozi, fino ad arrivare al fenomeno globale che conosciamo oggi.

Ma perché si chiama proprio Black Friday? All’epoca i registri contabili dei negozianti si compilavano a penna, usando inchiostro rosso per i conti in perdita e nero per i guadagni. E nel venerdì dopo il Ringraziamento, grazie alle promozioni, i conti finivano sempre in nero. Secondo un’altra versione, l’origine del nome sarebbe dovuta al traffico sulle strade e alla congestione nei negozi provocata da migliaia di consumatori attirati dagli sconti, l’equivalente del nostro bollino nero.

Secondo Black Week Global quest’anno gli italiani spenderanno in media 265€ a testa. Ma chi paga davvero il conto di questo sovra-consumo? Noi e il pianeta. Il tipo di consumo non sostenibile promosso durante il Black Friday, infatti, mette a dura prova le risorse ed è devastante. Secondo un rapporto Green Alliance del 2019, l’80% degli acquisti effettuati in questo periodo finisce in discarica, incenerimento o, nel migliore dei casi, riciclaggio di bassa qualità a volte dopo una vita molto breve. Il Black Friday spesso ci induce ad acquistare cose di cui non abbiamo davvero bisogno, tutto a discapito del nostro pianeta e dei diritti di migliaia di lavoratori in tutto il mondo.

Quest’anno, prima di lasciarci andare a inutili acquisti compulsivi, fermiamoci 5 secondi a chiediamoci: “Ne ho davvero bisogno?”

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